Quando da piccolo usciva in strada, agile con la sua cassetta da lustrascarpe nel quartiere di Leguina, passava sempre per Santa Barbara, dove la musica non cessava mai. Così crebbe, tra i son e i bembè. Fabbrica il suo primo paio di bongò con un barattolo di carne vuoto e un altro di latte condensato. Poi passa al contrabbasso, suonato montando su uno sgabello, con il gruppo Assi del ritmo, diretto da Dionisio Martinez, suo zio.
Quindi il viaggio del cambiamento, all’Avana, a soli 15 anni, con una tumbadora e un mucchio di illusioni. Mai aveva sentito parlare di compositori come Amadeo Roldàn con la sua Remambaramba e i suoi complicati passaggi, né di Alejandro Garcia Caturla con la sua Rumba o il Bembé. Però si, ammirava Chano Pozo, l’autore di Blen Blen Blen e Manteca. Ascoltava i suoi numeri alla radio cercando di ripetere i suoi tocchi.
Racconta, “Discriminavano i suonatori di tamburi, alcuni direttori ci pagavano meno. Era il colmo! Dissi a me stesso voglio dare prestigio a questo strumento. Ho sempre considerato che in un’orchestra avevano la stessa importanza un violino, un piano o una tumbadora. Tutto richiede la sua arte, inoltre senza percussione non c’è ritmo e senza ritmo dove è la musica cubana ? Iniziai a cercare un formato ritmatico e nuovi suoni dalle pelli, sei un sognatore mi dicevano, poi passai a utilizzare le unghie, diventai un pazzo per la critica, ma dopo un po’ tutti i percussionisti si fecero crescere le unghie seguendo la mia iniziativa”.
(tratto da un’intervista di Mayra A. Martinez)

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