Lo scorso 14 settembre una delle figure più importanti della musica cubana avrebbe compiuto 100 anni.
Si chiamava Israel Lòpez (1918-2008), però veniva chiamato Cachao. Nacque in una famiglia che andava matta per il basso, perlomeno 35 membri del clan Cachao hanno suonato il contrabbasso, anche se fu suo nonno Aurelio Lòpez Cachao colui che influenzò enormemente la sua vocazione, oltre a suo padre Pedro Lòpez, un prestigioso bassista. Suo nonno Aurelio usava molto fare scherzi, il cachondeo, da lì l’appellativo di Cachao.
“Sempre è esistita la musica. La mia famiglia è stata prevalentemente musicale” – afferma il maestro nel documentario Cachao: Uno Màs – “a casa mia si suonava musica tutti i giorni, tutto il tempo. Mia madre suonava uno strumento, mio padre un altro, e poi io, mio fratello e mia sorella. Facevamo un’orchestra. Noi solo sapevamo di musica. Non sono mai stato un muratore né un meccanico, sempre musica”.
A tredici anni entra nell’Orchestra Filarmonica dell’Avana, insieme a suo fratello Orestes, con cui farà la storia. Agli inizi il giovane bassista suonava in piedi su una cassetta di legno perché la sua statura gli impediva di arrivare al tasto del suo strumento. Questo non gli impedì di applicarsi degnamente al basso, sotto la direzione di Kleiber, Karajan, Stravinsky, Villa-Lobos e Dorati.
Questa formazione classica (lavorò con la Filarmonica dal 1930 al 1960) gli fu d’aiuto in un altro aspetto importante perché, come sappiamo, la musica è un lavoro difficile e mal pagato, ed era meglio avere più impieghi. Ciò gli permise di dedicarsi alla sua passione più autentica, la musica cubana, suonando in numerose orchestre che animavano i centri notturni avaneri, come quella di Arcaño y Sus Maravillas (1937-1948). Quella simultaneità gli permise di avere una visione più ampia su ciò che si poteva creare e innovare, partendo dal danzòn e dal patrimonio afrocubano. Il risultato fu un’autentica maratona compositiva: circa 3000 danzòn composti insieme a suo fratello Orestes, producendone anche 28 a settimana, secondo quanto riferito dallo stesso Cachao. Con quei brani ballabili si sintetizza la volontà di fusione tra correnti musicali così diverse e globali. Basta solo leggere alcuni titoli : Africa viva, Guajira clasica, Social Club Buenavista, Cundé echa un pié, Rapsodia en Azùl (Gershwin), Maria Eugenia (Grieg). Questi brani avevano una caratteristica comune, l’ultima parte del danzòn sincopata, che Arcaño battezzò “Nuevo Ritmo”.
Nel 1937, sperimentando le possibilità del danzòn cubano, i fratelli Lòpez crearono un tema che segnò una svolta nella musica universale: Danzòn-Mambo, andato in onda per la prima volta alla radio Mil-Diez. Un ritmo sincopato e singolare che al principio il pubblico non capì. “Facemmo un ritmo così veloce che la gente non riusciva a ballare” disse Cachao “così ci mettemmo d’accordo per ridurre la velocità e facemmo Mambo-Danzòn, e la gente lo accettò. Posteriormente nel 1946 Dàmaso Perez Prado prende il mambo e gli aggiunge sassofoni, trombe, tromboni e la sezione delle percussioni al completo. Però voglio chiarire una cosa: Né Perez Prado né io abbiamo mai avuto una controversia, al contrario eravamo buoni amici”.
Questo del mambo non è l’unico merito non riconosciuto a Israel e Orestes, perché ne esistono almeno altri due: l’introduzione della tromba nei gruppi di son, quando era con il Septeto Apolo, e la paternità degli accordi di Chanchullo, che Tito Puente prese per il suo OYE COMO VA, portato poi alla sua massima espressione da Carlos Santana.
Ma il lascito di Cachao va più in là del mambo. Un altro dei suoi contributi alla musica è la nascita della “descarga”, precursore del Latin Jazz nello stile della jam session, un’altra direzione che adottò il mambo quando avvicinò il son al jazz e che si materializzò con il disco DESCARGAS CUBANAS, commercializzato negli Stati Uniti con il titolo di CUBAN JAM SESSIONS IN MINIATURE. Il disco, registrato nel 1957 all’Avana “fu una cosa occasionale” spiegò Cachao, “detti appuntamento a tutti alle 4 del mattino per stare a registrare fino alle 9. Facemmo tutto in cinque ore, però non pensavo che sarebbe stato un gran successo. L’intenzione era quella di innovare e suonare a modo nostro, senza condizionamenti. Finito di registrare dicemmo: nascondiamo tutto o ci uccideranno. E invece piacque”. Anche se la sessione fu improvvisata, non erano improvvisati i musicisti che vi parteciparono. Ognuno era un’eminenza nel suo strumento: suo fratello Orestes al piano, Generoso Jimenez (trombone), Niño Rivera (tres), Tata Güines (tumbadora), Guillermo Barreto (timbales), Richard Egües (flauto), Virgilio Vixama e Emilio Peñalver (sax), Gustavo Tamayo (güiro), Alejandro Vivar (tromba), Rogelio Iglesias (bongò), Rolito e Reyes alle voci. Nomi che risuoneranno successivamente nella storia musicale cubana.
Quel disco, In Miniature/Descargas, Andy Garcia trovò casualmente in un negozio di dischi nella Calle Ocho di Miami. Racconta: “in copertina c’era quell’uomo con il basso afferrato come fosse una chitarra e un gruppo di musicisti che pareva stessero divertendosi. Lo comprai, me lo portai a casa, lo ascoltai e quel disco cambiò la mia vita”. La trasformò a tal punto che nel 1993 riscoprì Cachao, proponendolo con il documentario Como su ritmo no hay dos. Il maestro, dopo una vita di lavoro intenso tra Madrid, New York e Las Vegas era tornato a Miami immergendosi in un quasi totale anonimato, dal 1970 al 1990, e nella totale oscurità suonò in matrimoni, battesimi e perfino in Bar Mitzvah.
Come in un ciclo esistenziale Cachao passò, come artista, dalla fama di Cuba al ricominciare da zero, in esilio, per poi risalire di nuovo la fama con figure come Machito, Charlie e Eddie Palmieri, Tito Puente, Patato e tanti altri luminari, e ricadere di nuovo a Miami nel dimenticatoio. Lo aiutarono Arturo Sandoval e Emilio Estefan che dovette usare tutto il suo potere persuasivo perché Tommy Mottola riconoscesse l’importanza del maestro e propiziasse la sua entrata nella Sony Music.
Il resto è storia nella storia: il riconoscimento, i dischi, i Grammy, i concerti e le registrazioni con Bebo Valdès e Generoso Jimenez, i tour in giro per il mondo, eccetto a Cuba, dove non tornerà più. E poi la sua presentazione alla Casa Bianca, i documentari “Cachao, como su ritmo no hay dos” (1993) e “Uno màs “(2008) prodotti da Andy Garcia, una stella nella Hollywood Walk Of Fame (2003) e, postumo, un altro Grammy per “The last Mambo” (2012). Quel percorso di 100 anni che iniziò nel 1918 nella stessa casa dove nacque José Martì, è un lungo peregrinare di fede e amore per la musica cubana.
Quando chiedevano al bassista Jaco Pastorius chi era il maestro del suo strumento, rispondeva, sempre, “Israel Cachao Lòpez”. Questo è forse il lascito più profondo di Cachao, la durevolezza di una tradizione nelle nuove generazioni, come in suo nipote Orlando Lòpez, “Cachaito”. JESÙS VEGA, El Nuevo Herald




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