Le dure condizioni in cui si trovava la popolazione negra in America latina non permisero che si celebrassero manifestazioni culturali e religiose diverse da quelle euro-cristiane. I coloni negarono tutte quelle pratiche che potevano mettere in pericolo la stabilità e l’ordine imperante. Pratiche religiose, cerimonie funebri, culti ancestrali e festività tradizionali furono interrotte bruscamente e gli schiavi dovettero optare per altri canali per esprimere e creare la loro cultura. Solo nel XVII secolo i governi coloniali iniziarono a legalizzare la formazione di Cabildos e Confraternite dove si potevano riunire schiavi della stessa nazione ma avendo sempre attenzione ad avere diversi cabildos per differenti etnie perché nessuno potesse sopraffare altre credenze e diventare pericolosamente troppo potente.
Possiamo classificare le diverse religioni afroamericane in due variabili: le omogenee e le eterogenee. Nelle prime troviamo Gege Nagò in Brasile, Lucumì o Ñàñigo a Cuba, Rada ad Haiti, Shangò a Trinidad, mentre tra le eterogenee ci sono quelle di influenza Bantù‐Congo –Angola, come il Petrò ad Haiti, varie forme di Humbanda, Coboclo e Payelanza in Brasile, Maria Lionza in Venezuela, le forme Myal e Cunfa specialmente nei Caraibi (Giamaica) e nell’America centrale, le pratiche Shouters, Shakers e Convince nelle Antille, oltre ad altri culti di origine Fon, Ashanti, Hueda e Yoruba. Nei secoli XVIII e XIX alcune religioni negre cominciarono a svilupparsi e da questa crescita nacquero il candomblé, il vudù e la santeria.

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