Il reggae è sensibilità e stato mentale unico, nettamente opposto ai pregiudizi dispotici e alle rivolte razziali.
Il reggae va di pari passo con il Rastafar-I, un movimento di resistenza spirituale nato al fine di promuovere il ritorno all’identità africana, ed è stato un fattore determinante per la musica. Agli inizi della decolonizzazione negli anni ’60, il reggae si sviluppò nei ghetti di Kingston ispirato dai suoni struggenti dei ritmi africani e afro-caraibici.
Nato in Giamaica negli anni ’30, il rastafarianesimo si è imposto come movimento di resistenza della popolazione nera e si è diffuso nei decenni successivi. È stato fortemente nutrito dalla guida di predicatori messianici, come Leonard Howell, e di precursori panafricani come Marcus Mosiah Garvey. Il Rastafari promette agli eredi africani di recuperare e ricostruire la loro cultura, che è stata soppressa dalla brutale e opprimente dominazione europea. È un tentativo per la sopravvivenza della cultura africana e una lotta diretta contro la schiavitù, anticoloniale e antimperialista.
Rastafari deriva da Ras Tafari Makonnen, titolo posseduto da Haile Selassie I prima della sua incoronazione del 1930, quando divenne l’ultimo imperatore dell’Etiopia, Eletto da Dio, chiamato Jah. Il movimento Rastafari iniziò con la sua incoronazione e fu considerato l’adempimento di una profezia di liberazione. Da allora si è evoluto in una filosofia e uno stile di vita piuttosto che in una religione strettamente organizzata propria dell’Antico Testamento.
La resistenza rastafariana incarna i valori sociali e culturali che caratterizzano la Giamaica e non è rimasta nei confini ma si è diffusa dapprima nei caraibi, poi in Inghilterra con l’esodo giamaicano.
L’abolizione della schiavitù non ha significato però la fine del colonialismo né ha migliorato le condizioni di vita. Lo sfruttamento e il dominio hanno semplicemente assunto nuove dimensioni, mentre le lotte per i diritti e le libertà negate hanno cambiato le loro dinamiche, portando nuovi e insoliti sviluppi alle richieste della gente di auto-riconoscimento, elevazione socio-economica e determinazione politica. La musica reggae è stata creata per esteriorizzare queste frustrazioni.
La musica afferma una posizione sociale. Ogni stile è legato al particolare luogo culturale di origine. Il Rastafari ha influenzato il reggae, che a sua volta era un mezzo che le persone oppresse usavano per sfuggire alla loro afflizione. Il movimento si è ampliato negli anni ’70, opponendosi alle tristi realtà socio-politiche come la piaga della disoccupazione, la mancanza di identità nazionale e la povertà. Il reggae è quindi principalmente una via socio-politica utilizzata per trasmettere idee, affermare valori ed esprimere aspettative. Denuncia la discriminazione, l’umiliazione e la subordinazione e offre un’opportunità per combattere le malvagità.
Proclamando di essere Rasta, la maggior parte degli artisti reggae simboleggiano la lotta contro i pregiudizi, in tutte le sue forme. Denunciando l’intolleranza razziale e le condizioni di vita miserabili, questi musicisti appaiono come testimoni viventi di memorie popolari, narrazioni storiche, rivolte contemporanee e speranze di cambiamento. Sono produttori e prodotti della propria cultura.
Il reggae si afferma come la musica ribelle.
Sebbene sia stato bandito agli inizi, il reggae è progredito in un modo incredibile e totalmente imprevedibile. A causa della sua associazione con il movimento Rastafari, questa musica popolare divenne rappresentativa della visione del mondo degli afro-caraibici e di tutti i neri. È sopravvissuto e prosperato senza deviare troppo dalla sua essenza.
“You can fool some people sometimes but you can’t fool all the people all the time” (Bob Marley)

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