Da un’intervista al pianista Michel Camilo.

“Il trio è il fondamento della mia carriera. Ho fatto 24 dischi e quasi tutti sono nel formato del trio. Il mio concetto è basato sulla musica da camera nella sezione del ritmo. Il trio è una mini orchestra.
Più che musicista mi considero un’artista. Per me il musicista suona le note dello spartito, l’artista suona il messaggio che è dietro alle note, le emozioni. Nel mondo del jazz ci sono sempre state due scuole: la minimalista e la virtuosa. Io cerco di stare nel mezzo, come Chick Corea. 
Cos’è oggi il jazz latino? Prima era il mambo, il chachachá, oggi è il songo, calypso, soca, merengue, afro. Stiamo vivendo una seconda epoca d’oro del jazz latino. La prima fu negli anni 30, 40, 50 e 60 e poi venne la salsa. Alla metà degli anni 80 c’è stata una rinascita, una scuola nuova alla quale appartengo e credo che sia in crescita.
Qualsiasi persona può essere musicista, non solo chi ha studiato. Grandi musicisti di jazz non leggevano le partiture. Paco de Lucía non leggeva una sola nota. Una volta Tomatito mi disse che voleva imparare a leggere la musica. Gli risposi che sarebbe andato a complicarsi la vita”.
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