“Cuba y Puerto Rico son de un pájaro las dos alas, Reciben flores y balas Sobre el mismo corazón”

“Cuba e Puerto Rico sono di un uccello le due ali, ricevono fiori e pallottole sopra lo stesso cuore”. Così la poetessa Lola Rodríguez de Tió manifestò il suo sentimento verso il forte e indistruttibile vincolo tra queste due nazioni. Per la sua storia e cultura Portorico ha molto in comune con Cuba, la colonia sorella sotto il dominio spagnolo fino al 1898. Come a Cuba, i conquistatori spagnoli trovarono nell’isola di Portorico la locale popolazione degli indiani Taìno, che schiavizzarono e successivamente sterminarono. Anche se la loro cultura si estinse sopravvissero alcuni vocaboli, specialmente di luoghi o di cibi, come il nome originale dell’isola Borinquen (Boriken), quale simboli di una identità nazionale di un libero e indipendente Portorico.

Come Cuba, Portorico venne popolata da un numero consistente di cittadini europei provenienti da Spagna e altrove, e da schiavi portati dall’Africa. Nel XIX secolo, un numero sempre più alto di portoricani soffrì del peso opprimente del dominio spagnolo, sviluppando nell’isola una cultura creola nazionalista, in tandem con la vicina terra cubana. Dal 1800 ad oggi i portoricani hanno avidamente usato e fatto propri diversi stili musicali cubani e dei caraibi tra cui il Danzòn, il Son, la rumba, il bolero, il merengue dominicano, per non parlare del rock, del rap e del reggae.

In verità la ricchezza della cultura musicale di Portorico deriva in larga parte dal modo in cui ha adottato e addomesticato le tante musiche importate contribuendo alla formazione di musiche popolari e folcloriche. Portorico non va però considerata come una Cuba in miniatura dal momento che generi musicali come la bomba e la plena sono distintamente creazioni portoricane, che poco devono all’influenza cubana. Al di là di questo, ci sono significative differenze storiche, culturali e politiche tra le due isole, che si riflettono nei loro distinti patrimoni musicali.

Una delle differenze è che mentre l’economia cubana, basata sulle piantagioni di zucchero, ha portato a una massiccia importazione di schiavi africani nel XIX secolo, quella portoricana è basata soprattutto sul tabacco e sul caffè, colture queste che non richiedono un grande apporto di schiavi. Come risultato, proporzionalmente un minor numero di africani furono portati a Portorico (arrivando al massimo al 12% della popolazione) e l’istituzione della schiavitù nel suo complesso è stata molto meno diffusa e culturalmente significativa rispetto a Cuba (o gli Stati Uniti). Forse in parte a causa di questo, la musica e la religione neo africana sono meno evidenti a Portorico.

Anche i destini politici delle due isole furono divergenti dopo il 1898. Nonostante entrambe subirono il dominio degli Stati Uniti, a Portorico questo prese la forma di un dominio coloniale. Sin dalla istituzionalizzazione dell’organizzazione del “commonwealth” (Portorico è uno Stato associato con gli Stati Uniti) nel 1952, Portorico ha raggiunto i più alti standard di vita dell’America latina ma il dominio nord americano è risultato essere una mezza vittoria.

L’industria e il commercio agroalimentare ha portato nell’isola inquinamento e alla fine dell’autosufficienza, iniziando così a dipendere dai beni d’importazione. La maggior parte della popolazione rurale è stata quindi spogliata dei suoi beni e costretta a cercare un lavoro nella capitale San Juan, a New York e in tutti gli Stati Uniti. Gli immigrati portoricani svilupparono così un acuto senso di emarginazione e di alienazione e gli isolani iniziarono a vivere in sofferenza per il predominio delle imprese nordamericane e l’inondazione di cultura americana commerciale di basso profilo. In tali condizioni, la musica latina e, in particolare, i generi musicali indigeni hanno svolto un ruolo speciale nella cultura portoricana come simboli di una identità nazionale e indipendente. Allo stesso tempo, la maggior parte dei portoricani sono cosmopoliti e sono felici di godere e reinterpretare gli stili musicali provenienti dall’estero che soddisfano i loro gusti.

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