Occupiamoci di uno dei concetti più misteriosi e sfuggenti su cui l’uomo ha da sempre indagato: il tempo.
Potremmo iniziare a chiederci “Che cos’è il tempo?”. Da migliaia di anni filosofi e scienziati hanno provato a rispondere a questa domanda. Nel 350 a.C., ad esempio, Aristotele scrisse l’opera intitolata Fisica, dove è presente uno dei primi tentativi di analisi del concetto di tempo. L’analisi inizia con un quesito: “Tanto per cominciare, il tempo appartiene alla categoria di ciò che esiste o a quella di ciò che non esiste?”. Mentre per il fisico John Archibald Wheeler “Il tempo è il miglior espediente che la natura ha escogitato per impedire che le cose avvengano tutte in una volta”. Newton ha parlato di Tempo assoluto, mentre Albert Einstein ci insegna la relatività. Ad oggi non si è ancora raggiunta una definizione univoca di cosa sia il tempo e ancora non sappiamo se esso esiste realmente oppure no. 

Così anche nella musica esiste il Tempo assoluto e il Tempo musicale. Per spiegarcelo in modo semplice possiamo da subito dire che gli eventi sonori accadono nel tempo, ciò vuol dire che essi impiegano del tempo per il loro accadimento ed è soltanto attraverso il tempo che percepiamo l’evento sonoro. Lo percepiamo e, anche senza accorgercene, lo scomponiamo mentalmente per poi ricomporlo secondo la nostra capacità recettiva e con l’aiuto attivo della memoria sia nel processo stesso dell’ascolto, per figurarci il suo svolgersi futuro, sia dopo che l’ascolto è terminato, per inquadrare la sua struttura e per ricordarlo. Il tempo musicale è nel tempo dell’ascolto ma il tempo musicale è una dimensione diversa dal tempo che occorre per ascoltare la musica. I musicologi evidenziano questa differenza sostanziale distinguendo il tempo assoluto, cioè il tempo cronologico occupato dallo svolgersi della composizione dall’inizio alla fine, ed il tempo musicale in senso più specifico, cioè il tempo che un brano presenta. Il tempo musicale, trascorso all’ascolto secondo le sue specifiche modalità, è comunque parte del tempo assoluto, perché la dimensione cronologica è il presupposto essenziale per fruire dell’esperienza musicale: il tempo della musica si struttura e si dipana nel tempo assoluto come, potremmo dire, lo spazio della pittura si sviluppa nella superficie. La superficie è il supporto di una concezione spaziale che, pur inscritta nella bidimensionalità, la trascende, oppure la nega o la asseconda. Analogamente, nello scandire periodico del tempo cronologico (secondi, minuti, ore) il tempo musicale organizza la sua dimensione e direzionalità.
Se il tempo cronologico e la sua organizzazione in impulsi regolari e ripetuti è il supporto della musica, ciò che invece “fonda” il tempo della musica sono i molteplici modi di organizzazione del materiale musicale, come ha illustrato Michel Imberty. La ripetizione anzitutto, nel suo stretto rapporto con la variazione e lo sviluppo tematico, “è altamente produttiva e creativa, fondatrice di un tempo e di una durata organizzati, ritmati, anticipabili” (La musica e l’inconscio, p. 337). Ecco, dunque, che il tempo musicale si struttura all’interno del tempo dell’ascolto secondo le esigenze espressive della musica le forme di organizzazione tematica e ritmica creano il tempo musicale conducendo l’ascoltatore all’anticipazione di ciò che verrà (a trascendere, potremmo dire, il tempo dell’ascolto) e all’ingresso nella dimensione creativa e comunicativa della musica: “La ripetizione […] genera il tempo e, nel tempo, una direzionalità, un presente che va verso qualcosa: ma genera anche un prima e un dopo, con i quali il compositore invita l’ascoltatore a giocare, ricordare e anticipare, con un margine sufficiente d’incertezza affinché ogni volta si insinui la sensazione che la ripetizione avrebbe potuto non realizzarsi, che il futuro può sempre essere sconosciuto, che il medesimo atteso può fondersi in un altro che, a sua volta, può tuttavia non essere completamente diverso”. Vedi Fonte Università di Siena

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